Un commento di Carlo Cottarelli su Repubblica sulla vicenda Benetton-Autostrade costituisce un esempio perfetto della distorsione cognitiva che confonde gli economisti sul tema del rapporto tra mercati e Stato.
Cottarelli rappresenta perfettamente la figura dell’economista preparato, pragmatico ed probabilmente in buona fede che, senza rendersene conto, una propaganda pseudo-scientifica ha trasformato in un esaltato jihadista della guerra santa contro l’impegno diretto dello Stato nell’economia. La fede nel Dio Mercato di molti economisti è talmente cieca che sono pronti a sacrificare la coerenza logica e l’evidenza storica ripetendo dogmi privi di significato facendo esplodere non solo la credibilità loro (e della professione) ma anche la possibilità di raggiungere il loro obiettivo dichiarato, cioè l’efficienza economica del sistema di produzione.
“Che ne penseranno i mercati?”
Il primo argomento sostanziale di Cottarelli è che l’accordo tra Conte e la famiglia Benetton non è nell’interesse pubblico perché il prezzo che lo Stato pagherà per rilevare la quota di Autostrade sarà, molto probabilmente, “ben al di sotto del prezzo di mercato della società“. Di conseguenza l’ex economista del Fondo Monetario Internazionale teme il contraccolpo in futuro quando gli investitori privati non saranno interessati a competere per bandi di concessioni pubbliche.
La fede di Cottarelli nel potere dei mercati gli impedisce di considerare una questione evidente, che ogni persona (ed i mercati stessi) considera ovvia. Non esiste un “prezzo di mercato” assoluto di una società ma solo valutazioni tecniche che legano la struttura legale della proprietà ai flussi di cassa generati dalle attività economiche svolte. Nel caso della società che controlla le autostrade italiane le entrate e le uscite sono definite da un contratto tra il concessionario e lo stato. Nel caso di Atlantia-Benetton questo contratto era una schifezza inaudita per note ragioni che non vale la pena approfondire, basti ricordare che: 1) era secretato; 2) di durata sostanzialemente indefinita; 3) ha permesso guadagni stratosferici fornendo servizi di pessima qualità.
E’ quindi ovvio che il prezzo da pagare l’acquisto della quota Benetton sarà inferiore a quello cui la società è stata valutata finora perché quel prezzo rifletteva una licenza a creare profitti da una posizione di potere di mercato ingiustificata e dannosa per l’intero sistema paese. Ora che il gioco è stato scoperto, anche senza considerare eventuali reati, il prezzo da corrispondere non potrà che riflettere la realtà duramente dimostrata dal crollo del ponte Morandi e non le fantasie dovute ad un potere economico ingiusticato.
Si può concordare facilmente con Cottarelli che è prematuro valutare l’accordo senza conoscerne i dettagli tecnici, estremamente complessi, come: a) il prezzo da pagare ai Benetton; b) il costo dei risarcimenti; c) la struttura della nuova società; d) le tariffe e gli obblighi della concessione, ecc. ecc. Ma non si può certo temere che il prezzo sarà troppo basso e che gli azionisti non di controllo saranno puniti, tanto è vero che le azioni di Atlantia hanno registrato un balzo in avanti dopo la notizia dell’accordo.
Stato, Mercato ed Efficienza Economica
Il secondo punto del commento riguarda la capacità di una società pubblica a svolgere attività produttive. Cottarelli sostiene che non è affatto certo la gestione pubblica sarà migliore della precedente. Il riflesso condizionato dalla sua fede religiosa gli fa scrivere che “per garantire un minimo di efficienza sarebbe [necessario] affidare la concessione per le autostrade (e per tante altre cose; non dimentichiamo le spiagge) attraverso un processo concorrenziale che coinvolga diversi operatori”1.
La frase riportata denuncia in modo lampante la cecità degli economisti convinti che la competizione tra privati sia il rimedio universale a qualsiasi problema economico, che si tratti di aprire ombrelloni a Ostia o gestire una infrastruttura vitale per il paese intero. Va riconosciuto che Cottarelli prende atto che esistono “società pubbliche gestite in modo egregio” ma senza elaborare risolve velocemente la contraddizione affermando che “qualche domanda ce la dobbiamo porre“.
Se veramente gli economisti adoratori del Dio Mercato si volessero porre la domanda sul perché alcune società pubbliche funzionano e altre private no sarebbe sufficiente riprendessero in mano il loro libro di testo di Economia del primo anno, confrontando i capitoli dedicati ai mercati concorrenziali e le poche paginette dedicate alla voce “Monopolio Naturale”. Le decine di pagine dedicate a mostrare come in concorrenza l’interesse privato coincide con l’interesse generale sono precedute da una premessa, apparentemente tecnica, che definisce quali sono le caratteristiche di bene o servizio richieste affinché possa sussistere un mercato concorrenziale. Il loro 30 e Lode se lo sono guadagnato perché ricordavano quanto ora hanno dimenticato, cioè che per le produzioni caratterizzate da forti investimenti iniziali e costi di gestione corrente relativamente bassi non possono esistere mercati concorrenziali. In questi casi la teoria economica dimostra, al contrario, che l’interesse privato è opposto all’interesse generale ed è quindi giustificato e necessario l’intervento pubblico nel mercato.
Quale Intervento Statale?
La questione lasciata aperta dai libri di testo non è se lo stato debba o meno intervenire, ma come deve farlo. Cottarelli recita dogmaticamente l’atto di fede che solo i processi concorrenziali danno garanzie di efficienza. I seguaci di questa religione applicano il dogma concorrenza=efficienza raccomandando la creazione di quelli che possiamo considerare “mercati artificiali” nei quali lo Stato si sostituisce ai consumatori (cui la tecnologia produttiva impedisce di esprimere direttamente le proprie preferenze) e simulando un processo competitivo per la ricerca di un prezzo equo da corrispondere in cambio di un dato servizio. Quindi è inesatto affermare che se la produzione di un dato bene o servizio è svolta di enti di diritto privati lo Stato è assente. L’esistenza di un attore pubblico capace e competente è una condizione necessaria per tutte le attività economiche, che siano svolte da privati o da enti di proprietà pubblica.
Nei mercati normali il ruolo dello stato si può limitare a garantire condizioni minime quali il rispetto dei contratti e della salute dei cittadini. Nel caso di prodotti o servizi di particolare importanza e complessità, come ad esempio la sanità o le grandi infrastrutture, un’organizzazione produttiva basata sulla concorrenza tra attori privati ha storicamente generato costi altissimi e livello qualitativo pessimo.2
Una struttura statale competente in grado di svolgere il suo ruolo è quindi una condizione necessaria indipendentemente dallo status legale dell’ente che conduce la produzione economica. Il problema, nel caso specifico delle autostrade, è di identificare le modalità migliore di intervento. Qualsiasi scelta si voglia fare è però necessario ricordare che comunque lo Stato deve avere le competenze tecniche ed organizzative richieste per valutare la qualità del servizio fornito, sia che decida di utilizzarle per svolgere direttamente la produzione sia che preferisca avere il ruolo di consumatore di un mercato simulato (quindi creato dallo Stato stesso) in cui una azienda privata conduce la produzione.
In termini di efficienza nel confronto tra gestione pubblica e privata deve tener conto dei profitti che il privato richiede per svolgere il servizio e la complessità tecnica di gestione della società. In generale, come criterio approssimativo ma generalmente valido, le strutture produttive di proprietà pubbliche hanno costi operativi leggermente più alti mentre le aziende private sono più creative in termini di innovazioni di prodotto.
La gestione autostradale richiede competenze tecniche di basso livello con tecnologie consolidate, e quindi il vantaggio di avere una azienda privata invece che di proprietà pubblica non sembra particolarmente rilevante. Inoltre, il livello stratosferico dei profitti generati dalla società in passato dimostra che un eventuale calo di efficienza potrebbe facilmente essere assorbito dalla eliminazione dei profitti senza alcun aumento di costo netto per il sistema.
Concludendo, non deve sorprendere che la questione Atlantia-Benetton abbia aspetti politici rilevanti. Lo impongono le vittime del ponte Morandi, lo stato disastroso delle infrastrutture causato dalle mancate manutenzioni, le code chilometriche che paralizzano Genova durante le ispezioni di galleria in disfacimento, i fortissimi sospetti di illeciti compiuti in violazione di un contratto già enormemente vantaggioso. Da autorevole economista Cottarelli dovrebbe fornire consigli tecnici razionali e competenti, non propaganda ideologica. Non dovrebbe sostenere dogmaticamente la superiorità assoluta del privato sul pubblico ma rendersi conto che organizzazioni pubbliche competenti sono una necessità per la società moderna. In fondo dovrebbe ben saperlo chi ha passato tutta una carriera in Banca d’Italia, ENI e Fondo Monetario Internazionale.
- Testo evidenziato dall’autore. [↩]
- L’esempio più lampante è dato dal sistema sanitario privato negli USA che fornisce servizi si qualità pessima e costa alla società americana il doppio della media OCSE. [↩]