Recentemente Presa Diretta ha dedicato una puntata al tema dei concorsi universitari truccati. Per chi, come me, lavora nell’università da 20 anni ed ha subito sulla propria pelle il sistema baronale (per 15 anni sono rimasto bloccato al primo gradino della carriera…) la trasmissione ha svolto un pessimo servizio. L’università e la ricerca non hanno bisogno di indignazione finalizzata alla caccia all’audience ma di interventi importanti per preservare e potenziare un settore vitale per la società.
Dall’inizio della pandemia sembra che qualcosa stia cambiando con un (piccolo) aumento dei finanziamenti. E’ una semplice riduzione della distanza che ci separa dagli altri paesi avanzati, ma la strada è ancora molto lunga perché i danni inflitti alla ricerca in Italia vengono da lontano. Dal 2010, anno di approvazione della legge “Gelmini” (governo Berlusconi), il sistema universitario italiano ha subito i seguenti interventi:
- riduzione del 20% docenti e dei finanziamenti rendendo l’Italia ultima fra paesi avanzati in investimenti e risorse per la ricerca (e l’unico paese che al mondo ha tagliato questi investimenti);
- riduzione dei poteri decisionali collettivi (senato, consiglio di dipartimento) accentrando tutto il potere nelle mani dei rettori (e dei baroni…);
- modificato le procedure di carriera creando una valanga di precariato e annegando i (pochi) strutturati in una marea di assurde ad estenuanti procedure burocratiche;
- trasformato il diritto allo studio dei giovani in un premio per studenti “meritevoli”, che quasi sempre coincide con “ricchi” rendendo la società italiana l’ultima per numero di laureati;
- ridotto al lumicino i finanziamenti per la ricerca favorendo implicitamente imprese che offrono lavoro precario ed in nero invece che imprese innovative capaci di competere nei settori ad alta tecnologia;
Si potrebbe continuare ancora a lungo elencando i modi con cui tutti i governi degli ultimi 15-20 anni hanno reso la vita sempre più difficile agli atenei ed ai centri di ricerca pubblici danneggiando i ricercatori e la società. Da notare inoltre che, in nome della lotta contro il baronato, le riforme applicate hanno sempre rafforzato il sistema baronale.
Nello stesso periodo le ricerche svolte dai nostri ricercatori ci posizionano nei primi posti dei confronti internazionali ed i nostri studenti sono i più apprezzati nelle aule e nei laboratori di tutto il mondo. Tutto questo avendo a disposizione un decimo delle risorse e del personale degli altri paesi, e dovendo combattere continuamente contro regolamenti, controlli, permessi, valutazioni, ecc. che fanno perdere mesi di tempo per svolgere operazioni che i nostri colleghi oltre confine svolgono con un click.
Invece di fare i complimenti a chi produce ottimi risultati nonostante le enormi difficoltà, e magari fare qualcosa per alleviarle, la stampa e la politica si concentrano sulla corruzione dei concorsi universitari. Si tratta di un problema estremamente serio ma certamente non specifico del sistema di ricerca: qualcuno mi indichi un solo settore pubblico o privato in Italia non inquinato da raccomandazioni e favoritismi. La differenza è che il settore della ricerca non produce sprechi ma ottimi risultati.
La associazione Rete 29 Aprile spiega bene quali sono i reali problemi dell’università.